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Articoli con tag “effetti speciali

SPIDER-MAN 3

Un film di Sam Raimi.

Con Tobey Maguire, Thomas Haden Church, Topher Grace, Kirsten Dunst, James Franco.

Azione, Ratings: Kids+13, durata 140 min. – USA 2007. – Sony Pictures. Uscita: martedì 1 maggio 2007.






VOTO: 8


Molti mugugni e dissensi per questo terzo capitolo della serie sul più conosciuto tra gli “aracnidi animati”. Dubbi sulla qualità, la plausibilità, le lungaggini narrative, le troppe frecce all’arco di Raimi e del fratello.

E invece… le scene d’azione si rivelano splendide e rutilanti, accompagnate da sorprendenti effetti speciali e da una regia esaltante e puntualissima nel rimarcare gli svolazzi dell’uomo in calzamaglia, con una splendida idea di cinema di intrattenimento che strizza l’occhio a contenuti filosofici. La macchina da presa di Sam Raimi striscia rasoterra come una melma nera e cattiva, insinuante come la sabbia che, dopo un incidente di fisica nucleare, entra nel Dna del povero carcerato fuggitivo e lo rende un eroe ancor più solitario, costringendolo a rifugiarsi nei sotterranei della città. Il testo principale è sostenuto dal pregio di molteplici fette romanzesche che si uniscono senza scomporsi più di tanto.

Pur essendo costato l’iperbolica cifra di 300 milioni di dollari (comprensivi delle spese di marketing), la pellicola siffatta è intimista, accende i riflettori sulle persone invece che sulle cose, insiste sui vincoli umani. Il passato che ritorna, prepotente, e che si porta dietro storie d’amore intrise di gelosia, amicizie che recano ancora ferite profonde e morti che invocano giustizia, non è roba da poco.

Spiderman ha così a che fare con una moltitudine di rogne a causa delle quali il rosso, per una volta, diventa nero, scompone i capelli in un frangetta e da’ il via al senso di vendetta e a una sensazione di rancoroso autoritarismo, supremo  e assoluto. La “versione black” amplifica l’aggressività del Nostro, la malvagità che ne scaturisce sembra incontrollabile ma riesce anche a migliorare certi aspetti del suo carattere remissivo: finalmente Peter fa colpo sulle ragazze, è risoluto sul lavoro e si fa aumentare lo stipendio. E’ sicuro e disinvolto, cambia modo di vestire e sembra pronto per andare a ballare alla “2001 Odissey”, in una divertente strizzata d’occhio all’andatura di John Travolta.

L’ironia, dispensata in grandi dosi, trasuda in ogni scena: sia mentre i cittadini sono in pericolo o nella redazione del Daily Bugle, dove il capo Jameson deve fare i conti con la pressione alta e, sotto l’occhio vigile della segretaria, prende un sacco di pillole, mentre viene gestito da improvvise scosse date alla scrivania. Da non perdere anche la sabbia che filtra nel costumino del supereroe e la porta dell’appartamento perennemente bloccata.

La gremitissima battaglia finale è, va detto francamente, spesa un po’ male… la sceneggiatura sparisce, l’azione si prolunga, e il senso filmico viene tradito dall’urgenza di mostrare qualche superlivido. Tutto questo prima di esplodere emozionalmente in una voglia di malinconia e in un trionfo di sentimentalismo, con la figura cattiva di Sandman che si scopre tragica e afflitta.


BLACK SHEEP – Pecore assassine

Black sheep

Titolo Originale: BLACK SHEEP.

Regia: Jonathan King.

InterpretiMatthew Chamberlain, Nathan Meister, Peter Feeney, Danielle Mason, Louis Sutherland, Tammy Davis, Oliver Driver, Glenis Levestam.

Durata: h 1.27. Nazionalità:  Nuova Zelanda, 2006. Genere: horror.
Al cinema nel Settembre 2008.





VOTO: 5


Il collegamento tra Jonathan King e Peter Jackson non può che venire spontaneo, almeno per chi frequenta il genere, visto che il più famoso dei due registi neozelandesi arrivò al cinema proprio con film splatter (Bad taste, Splatters – Gli schizzacervelli) prima del successo della saga de Il signore degli anelli. Chissà, forse tra qualche anno King dirigerà film dagli incassi multimilionari con elfi, mostri marini o qualsiasi altra cosa sarà di moda allora; per ora ci lascia con questo suo primo lungometraggio senza infamia ne lode. Tra i verdi pascoli

L’idea di partenza è divertente: a causa di esperimenti genetici, condotti da un imprenditore con tendenze zoofile, le tranquille pecore dell’allevamento ereditato dal padre diventano ovini carnivori in grado di trasformare con un morso gli esseri umani in lanosi zombi assassini, mezzi uomini mezze pecore. Purtroppo l’originalità della trama si ferma qui e credo sia inutile dilungarsi in un riassunto della storia dato che già nei primi venti minuti vengono preannunciati tutti i cliché del genere: scienziati – o meglio, scienziate – pazzi, avidi compratori, fratelli buoni con traumi infantili, ragazze in pericolo ecc. Purtroppo anche stilisticamente il film si muove su terreni sicuri, lasciandosi andare ad una serie di stranianti inquadrature distorte ma per il resto segue regole collaudate e dagli esiti certi. Nulla di male, tutto ben costruito, ma un copione grottesco con risvolti gore dovrebbe lasciare più spazio a bizzarrie registiche, qualunque siano poi i risultati.

La vera chicca della pellicola sono gli effetti speciali, curati in modo davvero eccellente. I dettagli di ferite e mutilazioni fanno rabbrividire e gli ibridi “umanovini” sono raccapriccianti (in senso lodevole).

Malgrado i premi racimolati in svariati festival, la cura nei trucchi e le risate insanguinate, è difficile dire se entrerà mai a far parte dei film di culto di genere; la trama insipida e le scelte scontate hanno rubato molto a questo film.



UNA NOTTE AL MUSEO

Una notte al museoTitolo originale: Night at the museum.

Nazione: U.S.A. Anno: 2006. Genere: Commedia. Durata: 108′.

Regia: Shawn Levy.


Cast: Ben Stiller, Robin Williams, Carla Gugino, Owen Wilson, Kim Raver, Mickey Rooney, Dick Van Dyke, Bill Cobbs, Pierfrancesco Favino.


Produzione: Twentieth Century Fox Film Corporation, 1492 Pictures, 21 Laps Entertainment. Distribuzione: 20th Century Fox. Data di uscita: 02 Febbraio 2007.


VOTO: 4,5

Nel 2006, il buon Chris Columbus (che ricordiamo ottimo direttore di film di successo come “Mamma, ho perso l’aereo” e i primi due episodi di “Harry Potter”) ‘opzionò’ il libro illustrato per bambini del ceco Milan Trenc intitolato “Night at the Museum” e lo ridusse a soggetto per una delle pellicole più fortunate di quell’anno. A interpretare il protagonista, Larry Daley, fu chiamato Ben Stiller; il suo ruolo di padre divorziato che non riesce più a comunicare con il figlio di 10 anni era uno dei ruoli “leggeri” più ambiti.

Stiller fu diretto dall’incapace Shawn Levy (regista dell’ultima “Pantera rosa”) che ottenne anche la partecipazione di due caratteristi di lusso come Mickey Rooney e Dick Van Dyke (lo spazzacamino in “Mary Poppins”), oltre a quella di Pierfrancesco Favino, alla sua prima esperienza d’oltreoceano, nei panni di Cristoforo Colombo.

Nel film, Larry, indebitato fino al collo, ottiene un lavoro come guardiano notturno al Museo di Storia Naturale di New York, credendo di poter guadagnare soldi senza troppi sforzi, ma non sa che durante le ore notturne il museo prende vita: leoni e scimmie iniziano a gironzolare per le sale, personaggi come Attila escono dalla loro teca, il bellissimo scheletro del Tyrannosaurus Rex minaccia Larry e l’intera struttura con le sue capacità demolitrici. In soccorso di Daley arriveranno il fiducioso presidente americano Teddy Roosevelt (Robin Williams) e qualche altro personaggio storico “di passaggio”, i quali aiuteranno Larry a ritrovare quell’autostima che era andata perduta…

Il film fa parte di quel filone, ormai supersfruttato, ad alto tasso di effetti speciali che rendono movimentate e spericolate anche quelle pellicole piatte come i pavimenti dei musei. La noia regna sovrana anche di fronte alla testa parlante dell’isola di Pasqua, alla scimmia ladra e dispettosa, al gruppo dei borbottanti cavernicoli, al mammut pronto alla carica.

E non corre in aiuto nemmeno una regia distratta, raffazzonata e dal fiato corto, che non ha niente di prodigioso e che toglie qualsivoglia possibilità a un soggetto che avrebbe meritato maggiore attenzione. C’era da giocare la carta dell’anticonformismo e invece si è scelto un comodo “politically correct”, ci si poteva scatenare con riferimenti storici arguti per confrontarli con le realtà moderne ma ci siamo sciolti di fronte al buonismo, si sarebbe potuto premere il pedale sull’acceleratore delle battute sarcastiche ma gli sceneggiatori, durante “la notte”, evidentemente preferiscono dormire (e chi può dargli torto?). "Gulliver" in pericolo

Così come il Museo è abitato da singolari diorama, le cui creature sembrano pronte in ogni istante a scuotersi dalla loro ammaliante immobilità, il film è popolato da attori che, pur dannandosi l’anima per rendere credibile il pastrocchio a cui stanno partecipando, non riscuotono consenso dal lato della veridicità del racconto ne’ per qualsivoglia coinvolgimento emotivo.

Owen Wilson, nel ruolo di un litigioso cowboy delle dimensioni di un soldatino, non attacca a livello emozionale e i suoi duetti con Ben Stiller (altrove battagliero e un po’ isterico, mentre qui abilmente ammansito) si riducono a delle sterili macchiette. Robin Williams, l’imbolsito presidente “Ted”, non riesce a lasciare nessun segno tangibile della sua bravura attoriale.

In “Una notte al museo” si sprecano i riferimenti ad altri film per famiglie quali “I viaggi di Gulliver” e “Jumanji” e, oltretutto, lo si fa senza discrezione e sarcasmo. Mancando qualsiasi sorpresa, l’unico merito che gli va ascritto è quello di farci venire la voglia di andare a New York per visitare (questa volta senza “sommosse” notturne e coi nostri occhi) il Museo di Storia Naturale.