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MINE VAGANTI – Recensione

Un film di Ferzan Ozpetek.

Con Riccardo Scamarcio, Nicole Grimaudo, Alessandro Preziosi, Ennio Fantastichini, Lunetta Savino.

Commedia, durata 110 min. – Italia 2010. – 01 Distribution. Uscita: venerdì 12 marzo 2010.






VOTO: 8


La mia passione per la visione casalinga, visto che trovo il mio divano molto più rilassante di una qualsiasi sala cinematografica, mi porta in genere a lunghi tempi di attesa prima di vedere anche i films che mi “invitano” di più: e, nel caso dell’ultimo lavoro di Ozpetek, i motivi di curiosità erano tanti, perchè ho sempre giudicato il regista interessante e insoddisfacente al tempo stesso.

“Le fate ignoranti”, opera che lo ha reso in un istante regista di culto (una sorta di Almodovar turco-italico), era per me un film piacevole ma lontano dall’essere “misurato”… “La finestra di fronte” mi ha convinto molto di più, era genuinamente intenso e privo di colorazioni eccessive, e proprio mentre mi aspettavo che il suo stile registico trovasse nuovi spunti e nuovi percorsi mi attendevano visioni imbarazzanti (“Cuore sacro”), quasi irritanti (“Saturno contro”, sornione e banale), o inutili (“Un giorno perfetto”).

Per quanto riguarda “Mine vaganti”, il tempo passato attendendo l’uscita del dvd mi ha dato modo di ascoltare commenti e giudizi vari…. e, più che altro, quello che ho sentito dire era che si trattasse di una commedia “molto divertente”…. giudizio che, in realtà, sminuisce notevolmente i pregi di quest’opera che è, a mio avviso, il lavoro più interessante e maturo della carriera di Ozpetek.

Ci sono, certo, scene argutamente buffe e scambi di battute brillanti ed esilaranti, ma il tutto non può essere definito “divertente” in quanto il gusto predominante è assolutamente amaro, e il tema centrale riguarda i compromessi inevitabili tra quelle che vorrebbero essere le nostre scelte di vita e quello che la famiglia si aspetta da noi, e di come, in qualche modo, l’avere degli affetti solidi limiti sempre la nostra libertà personale.

E finalmente, dopo avere a lungo trattato il tema della “famiglia allargata”, qui Ozpetek si concentra sui meccanismi e gli equilibri di una famiglia tradizionale, una famiglia del sud italia, una famiglia di provincia chiusa e lontana dalla “modernità”, una famiglia la cui brillante posizione economica e sociale, raggiunta a fatica negli anni, ha paralizzato i legami e la possibilità di espressione personale. La tematica gay, tanto cara al regista, è solo uno spunto per evidenziare appunto la “paralisi” di una condizione familiare dove nessuno è realmente convinto di quello che è e di quello che fa, ma tutti si adattano a vivere “nella gelatina”, e imparano anche a sorridere e godere di quello che hanno. Come la nonna, personaggio intensissimo, che ha costruito il successo economico della famiglia col cognato, vero amore della sua vita – amore che ha potuto vivere solo nel sogno o nella trasgressione segreta (non si sa), e da cui comunque ha tratto emozioni e soddisfazione. Ma ecco in agguato il “generation gap”, e il figlio minore, che tra l’altro è vissuto e ha studiato in una grande città, non è affatto propenso a rinunciare alla propria gaya libertà, e nemmeno è disposto a nascondersi e mentire… invitando inconsciamente il fratello, anche lui gay, a fare coming out prima di lui… e alla fine entrambi, in modo diverso, tradiranno le aspettative dei genitori e guadagneranno la propria libertà, il maggiore dichiarando la propria vera sessualità e il minore, in modo molto consapevole, tralasciando (almeno momentaneante) di parlarne per “tradirli” comunque seguendo le proprie vere ambizioni professionali e non il futuro per lui già pianificato.

Il ritmo del film lascia appunto agli intermezzi allegri solo qualche breve momento e si concentra sull’intimismo, sull’emozione dei gesti e degli sguardi, sulla malinconia e sulle difficoltà personali, e punta molto sui personaggi di contorno (qualcuno caratterizzato brillantemente, qualcuno accennato e irrisolto).

E, complice anche la scelta delle locations, gustosamente mediterranee, e la colonna sonora azzeccatissima, Ozpetek confeziona il suo film più “italiano”, dipingendo al tempo stesso il passato e il futuro della nostra terra – e la loro difficoltà ad incontrarsi… trova una misura convincente e corretta e non eccede nel melò (anche se spesso i dialoghi indugiano in piccole “saggezze” e insegnamenti di vita), dirige magnificamente un cast di attori sensazionali e perfettamente in parte, e perde tono solo nell’intermezzo in cui inserisce un po’ inutilmente nella storia gli amici gay del figlio, virando verso caratterizzazioni stereotipate e un tono da commedia clichè… ma è solo un momento non riuscitissimo in un film dai tanti pregi.

Il finale, simbolico e sfumato, lascia intravedere luci e soluzioni, ma rimane volutamente in sospeso, dopo un’intensissima scena ad un funerale per le strade di una Lecce fascinosa e assolata…

Certo, è Ozpetek, è ancora una volta un film corale, ancora una volta il tema dell’omosessualità è presente, alcune scelte registiche sono prevedibili, ma ci sono elementi nuovi o meglio consolidati e il meccanismo narrativo è più calibrato del solito, l’amarezza è argutamente stemperata dall’ironia, la mano del regista è convinta e padrona della situazione, e l’emozione, alla fine, è piacevolmente spontanea.